Tra l'8 settembre del '43 e l'aprile del 1945 la violenza dei tedeschi contro i civili italiani fece registrare oltre 400 stragi (con un minimo di 8 morti): alla fine, il bilancio fu di circa 15.000 vittime.
Una lunga scia di sangue che accompagnò le truppe tedesche nella lentissima ritirata da Sud a Nord: da Castellaneta, in provincia di Taranto, a Bolzano.
A commettere tali esecuzioni collettive non furono soltanto i nazisti delle SS, ma anche i soldati della Wermacht e spesso con la complicità attiva dei fascisti della Repubblica Sociale. Come ha scritto Giovanni De Luna su La Stampa, "anche i «ragazzi di Salò» furono coinvolti e la loro complicità alimenta un ricordo lacerante che resiste a ogni tentativo di «pacificazione»".
Il terrore scatenato dall'esercito tedesco contro i civili italiani, al Sud come al Nord, rappresentò un fenomeno unico per tre motivi: l'imponenza delle cifre delle vittime; la partecipazione attiva di altri italiani; il fatto che tutti quegli episodi si siano configurati non genericamente come azioni di guerra ma come crimini in violazione alle leggi vigenti e alle convenzioni internazionali.
Dei 400 casi di stragi accertate, solo una decina diedero luogo a un processo, con condanne esemplari come quelle inflitte a Herbert Kappler per le Fosse Ardeatine e Walter Reder per Marzabotto.
Nel nostro territorio oltre alla tristemente famosa strage di Marzabotto altre frazioni conobbero la ferocia delle truppe nazi-fasciste, Pizzocalvo, Sabbiuno dove vennero fucilati i prigionieri politici nell'inverno del '44, la stazione di san Ruffillo e tante altre meno note.
Queste pagine sono dedicate alle vittime di quelle stragi, rappresaglie, fucilazioni.
PER NON DIMENTICARE.