dal sito MEGACHIP
In occasione della approvazione definitiva della riforma costituzionale, riproponiamo un articolo di un anno fa. L'autrice è una costituzionalista e fa parte del comitato scientifico di Megachip.
E' attualmente in discussione alla Camera dei deputati la riforma della parte II della Costituzione approvata dal Senato il 25 marzo scorso in un testo che ha suscitato gravi preoccupazioni e critiche pesanti, non soltanto in sede politica ma da parte degli studiosi della materia.
Eppure, nonostante lo stato avanzato dei lavori parlamentari e il moltiplicarsi delle voci contrarie a una riforma che sovverte i valori essenziali del sistema - in primo luogo dei costituzionalisti, di politilogi di fama e di personalità che hanno ricoperto alte cariche istituzionali ( primo fra tutti Oscar Luigi Scalfaro, già Presiedente della Repubblica), nonché di movimenti della società civile, in particolare "libertà e giustizia" e i Comitati Dossetti- all'opinione pubblica è giunta soltanto una debole eco del forte dibattito in corso, lasciandola nel complesso estranea e disinformata.
Cos'è stato spiegato al 'popolo sovrano' dei contenuti e dell'ampiezza della riforma della Carta costituzionale su cui si regge la nostra Repubblica? E, soprattutto, cos'è stato detto degli esiti cui un così radicale mutamento può condurre?
Fino ad ora l'informazione fornita ai cittadini è stata davvero esigua, superficiale , priva di qualunque approfondimento o illustrazione delle innovazioni progettate. L'unico discorso ripetuto ossessivamente - ma solo per mettere in luce i contrasti fra schieramenti politici o fra componenti della maggioranza all'unico fine di valutarne i riflessi sulla durata del governo- ha riguardato la devolution, quasi che in questa si esaurisse il Progetto.
Data la vaghezza del termine e la diversità di significati attribuitigli , il discorso serviva e serve ad evocare qualcosa di arcano . E, del resto, già l'uso di una parola straniera giocava utilmente nel senso dell'ambiguità : qualche semplice slogan - "Roma ladrona", in particolare- faceva il resto, esprimendo sinteticamente stati d'animo irrazionali ed evitando così difficili e pericolose spiegazioni. I politici, di certo, non hanno fatto chiarezza, né i mezzi di comunicazione hanno aiutato a farla .
Il coinvolgimento popolare è mancato : quest'assenza è proprio il contrario della democrazia. La riforma della Costituzione è l'ennesima riprova dell'intrecciarsi delle questioni relative all'informazione con tutti i problemi della società che ne risultano pesantemente condizionati.
La notizia percepita è quella enfatizzata e ripetuta e, dunque, l'atteggiarsi dei media incide in modo decisivo sul livello di partecipazione cosciente dei cittadini alle scelte fondamentali che mettono in gioco l'essenza del sistema , e dunque incide sullo lo stesso funzionamento della democrazia .
All'assenza della televisione -pubblica ( ?) e privata- si è accompagnata la scarsissima attenzione della stampa che, salvo rare eccezioni, ha dedicato uno spazio esiguo ad un tema del massimo rilievo per le istituzioni e dunque per la vita stessa di tutti. Solo ora, forse, s'intravede qualche segno di attenzione dopo le parole severe del Presidente Ciampi , le grandi manifestazioni e l'appello dei sindacati.
Ma l'attenzione si ferma su fatti marginali (ad esempio -spiegano i quotidiani di questi giorni- secondo un emendamento al Progetto l'età richiesta per l'elezione a Presidente della Repubblica sarà quarant'anni, e non più cinquanta ) piuttosto che sulla sostanza. I cittadini hanno il diritto di sapere cosa passa sopra le loro teste, quali prospettive si aprono, quale futuro. Va corretto subito un equivoco duplice: che la riforma riguardi soltanto la 'devolution' e che non interessi le persone, la loro vita.
A parte il fatto che proprio questa parte incide su tutti in modo pesante - infatti passerebbero alle Regioni poteri nuovi in materia di salute, scuola, polizia locale -, la verità è che non sono in gioco soltanto i rapporti Stato/Regioni, ossia un unico articolo della Costituzione, l'art.117 relativo alle competenze legislative statali e regionali. Le disposizioni investite dalla revisione superano la quarantina, con uno stravolgimento totale dell'impianto originario.
E' su questo che va fissata l'attenzione .
Le modifiche più gravi riguardano la forma di governo, ossia i rapporti fra gli organi al vertice dello Stato : Presidente della Repubblica, Parlamento, Governo, per non parlare della Corte costituzionale direttamente e indirettamente coinvolta. E' il Governo a divenire il centro dello Stato, o meglio, più che il governo nel suo insieme , la persona che ne è a capo, il Primo Ministro, dotato di poteri assoluti, svincolato dai limiti politici e giuridici comuni ad ogni sistema costituzionale democratico.
I rapporti fra gli organi di vertice, così come sono configurati, danno vita ad una forma di governo tanto anomala da incidere sulla stessa forma di Stato. E' perciò l'impianto complessivo del Progetto , tendenzialmente autoritario, che va respinto Come costituzionalista non posso rimanere indifferente di fronte ai rischi che comporta una rottura dei principi fondamentali che identificano lo Stato "democratico di diritto" che nessuno, penso , è seriamente intenzionato a mettere in gioco. Perciò è indispensabile una riflessione da parte di tutti.
Molti studiosi hanno messo in luce l'abnorme potere - non temperato da limiti o freni - posto nelle mani di una persona sola . Il Primo ministro domina la scena come detentore incontrastato della funzione di governo e della stessa funzione legislativa. Il Parlamento, eletto dal popolo, è praticamente ridotto all'impotenza : mentre oggi, secondo la Costituzione , può costringere il Governo alle dimissioni, nel Progetto è lo stesso Parlamento che ha osato votare contro il Governo ad andarsene a casa!
Lo scioglimento dell'intera Assemblea eletta dai cittadini, rappresentativa dei diversi orientamenti del corpo elettorale è un effetto abnorme, sproporzionato e addirittura in contrasto con l'esigenza di stabilità. Con meccanismi così congegnati in realtà non è più il Governo responsabile verso il Parlamento, ma viceversa. Ciò è in palese contrasto con il progetto stesso in cui l'art.95 continua a definire 'responsabile' il Primo ministro ( e responsabili i ministri collegialmente per gli atti del Consiglio): ma verso chi ?
Lo stesso principio della separazione dei poteri è intaccato dalla forte incidenza del Primo ministro sulla legislazione; ogni sua proposta deve essere approvata dall'Assemblea ridotta alla obbediente esecuzione. Se infatti si permette di esprimere un " voto contrario" anziché un " voto conforme alle proposte del Governo", scatta l'immediata sanzione: il Primo ministro si dimette ma alle sue dimissioni consegue un più radicale effetto : l'Assemblea disobbediente , se il Premier lo vuole, viene sciolta .
In tal modo anche il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica risulta fortemente indebolito : viene infatti eliminata la sua partecipazione ad una decisione tanto grave e delicata per gli equilibri politici e istituzionali su cui egli non potrà più interferire , né , a differenza di oggi, la potrà impedire . E' così sottratto un potere essenziale al Capo dello Stato che in materia ha sempre avuto un ruolo decisivo: senza la sua volontà, infatti, il Governo ( nel sistema vigente) non può decretare lo scioglimento anticipato delle Camere .
Il quadro, piuttosto fosco, si completa considerando oltre alla legge costituzionale, la riforma dell'ordinamento giudiziario che la maggioranza sta varando con una semplice legge ordinaria. Ora, com'è noto, le Costituzioni, nella storia, nascono per tutelare diritti e libertà limitando il potere, a partire dalle prime , adottate dalle ex Colonie inglesi d'America divenute Stati indipendenti (1776), e dalla famosa "Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino" (1789) della Francia rivoluzionaria .
Il loro contenuto è costante: garanzia dei diritti, divisione dei poteri, sovranità popolare , i tre principi cardine dello "Stato di diritto democratico". Contro il potere concentrato in un solo organo o una sola persona si vuole un potere diviso fra organi distinti e indipendenti cui si attribuiscono le diverse funzioni : il potere legislativo', affidato a un'Assemblea eletta dal popolo, fisserà le norme generali valide per tutti in modo eguale ; il potere esecutivo , affidato al Governo, le attuerà in concreto governando e amministrando attraverso i funzionari pubblici ; il potere giudiziario garantirà il rispetto della legge da parte di tutti, compresi i funzionari pubblici : in caso di violazione, il cittadino potrà rivolgersi al giudice per avere tutela.
Ma affinché la tutela sia effettiva la magistratura dev'essere indipendente dagli altri poteri ( art. 101 della Costituzione) . Le garanzie poste dalla Costituzione a difesa di quell'indipendenza sono dunque essenziali, perché il potere politico è sempre tentato di mettere le mani sulla magistratura per renderla innocua nei suoi confronti ed usarla ai suoi fini . Ed è proprio ciò che in Italia si cerca attualmente di fare e addirittura con una legge ordinaria .
Aspro è il dibattito sulla riforma dell'ordinamento giudiziario voluta dal Ministro Castelli ; le voci molteplici che si sono levate a difesa di quell'indipendenza manifestano bene la preoccupazione crescente per i rischi cui va incontro la nostra società , la nostra vita , i nostri diritti ,le nostre libertà e l'eguaglianza di tutti ; i beni, insomma, che lo Stato di diritto democratico è sorto per tutelare.
Togliendo i limiti e concentrando il potere non si altera soltanto la forma di governo , si esce anche dalla forma di stato , il che non è ammissibile: democrazia e costituzionalismo rientrano senza dubbio nei 'principi supremi' che non possono essere legittimamente modificati neppure con legge costituzionale, come la Corte costituzionale ha più volte precisato.
Se l'essenza dello stato di diritto sta nella limitazione del potere , se l'obiettivo del costituzionalismo è quello di sottoporre il potere a regole e a freni per consentirne il controllo , evitarne l'esercizio arbitrario e garantire i diritti e l'eguaglianza dei cittadini, il testo approvato dal Senato il 25 marzo ne rappresenta la negazione.
La stessa maggioranza ne è conscia ; e alla Camera dei deputati, che ne sta ora discutendo, gli emendamenti sono continui. Ma gli emendamenti non bastano ; è l'impianto complessivo della riforma che va rifiutato, e dunque, se sarà approvata, starà al popolo respingerla mediante il referendum .
di Lorenza Carlassare