E’ unanimemente riconosciuto che la lotta partigiana nella guerra 1940-45 ha sollecitato la fine della guerra forse di un anno. Questo a dimostrazione del numero di morti, delle stragi e delle sofferenze che avremmo dovuto continuare a subire. Terminata la guerra l’Italia sarebbe stata fra i vinti, insieme alla Germania, al termine una guerra scatenata da Hitler per il dominio del mondo.
Se gli alleati non fossero stati in grado di sconfiggere il mostro del nazifascismo, forse la sorte del genere umano avrebbe dovuto assistere ad atrocità ancora peggiori di quelle commesse durante tutti i cinque anni, lunghi e terribili della guerra.
Se l’Italia ha avuto un trattamento di riguardo alla fine della guerra, questo è dovuto alla lotta partigiana contro la repubblica di Salò e contro i tedeschi. Questo è il merito del movimento partigiano, riconosciuto dagli alleati, che ha dato al popolo italiano la possibilità di una ripresa economica nella libertà e nella democrazia. La dittatura fascista prima e la guerra poi avevano messo in ginocchio il popolo italiano. Questo per chiarire la situazione prima di entrare nel merito di quello che è successo in Italia nell’immediato dopoguerra.
Il libro di Pansa “Il sangue dei vinti” mette in cattiva luce l’operato dei partigiani. Parla di vendette delle quali sarebbero state vittime i fascisti repubblichini ed altri, forse per regolamento di conti privati. Io, che ho partecipato alla lotta partigiana, pur non avendo mai preso parte ad azioni armate, sia durante che dopo, vorrei esaminare quei fatti.
Finita la guerra si costituì un governo presieduto da De Gasperi con la partecipazione dei comunisti e con Togliatti al Ministero della Giustizia. Per placare gli animi – si disse – e per una più rapida ripresa economica, fu concessa l’amnistia a tutti coloro che avevano vestito una divisa. La conseguenza fu che tutti quelli della brigata nera di Salò vennero prosciolti da tutti i loro orrendi crimini. Invece ai partigiani, che tanto avevano subito durante la guerra ed ai quali tanto doveva la rinata Patria indipendente, furono dati solo alcuni giorni, oltre i quali ogni azione fu considerata come delitto civile e come tale giudicata da un tribunale civile.
Questo condono così affrettato, concesso dal governo De Gasperi e da Togliatti non fu giusto. Prima del condono lo Stato doveva arrestare e processare tutti coloro che durante la dittatura, usufruendo del loro potere avevano condotto una guerra civile, commettendo crimini indicibili. Dopo si poteva concedere il condono ai colpevoli di reati minori. Nelle condizioni create dal condono alcuni partigiani hanno ritenuto di doversi sostituire allo stato. Non hanno potuto o voluto accettare che tutti i criminali uscissero dalle galere e che nessuno pagasse il prezzo della guerra, delle sofferenze, delle torture e delle morti inferte a tanta povera gente. Dopo tutto quello che i partigiani avevano fatto, dopo i riconoscimenti ricevuti dal governo italiano e dagli alleati, non si doveva usare la mano pesante contro di loro. Non si dovevano condannare a decine e decine di anni di carcere, costringendoli a fuggire all’estero come durante il periodo più buio del fascismo.
In conclusione io credo che si debba dire con forza che Pansa nel suo libro non tiene conto di tutto quello che i partigiani hanno subito durante il fascismo e durante la guerra. Non tiene conto della ferita inferta a tutte le forze antifasciste da un condono affrettato ed indiscriminato.
Quando si scrivono dei libri sul nostro recente passato si debbono soppesare tutte le situazioni sia oggettive che soggettive, evitando di dare dei giudizi aprioristici in modo ingiustificato. L’unica cosa certa rimane quella che le guerre producono sangue, che il sangue dei vinti si mescola a quello dei vincitori. Ma soprattutto chi inizia le guerre dovrebbe sapere che il sangue chiama sangue e che non esistono bacchette magiche per fermarlo. La pace presuppone un processo educativo alla convivenza, che non si attiva con un condono.
Leone Sacchi