Il 29 settembre 1944 sono partito da Bologna alle ore 9,30 con la guida della 63ª brigata per stabilire un contatto giornaliero (come mi era stato comandato) con la brigata Stella Rossa Leone.
Mi separai dalla guida che mi accompagnava a Casalecchio di Reno perché egli proseguiva per l’altra strada per lui più corta dovendo recarsi in luoghi diversi (distanti fra loro 30 o 40 km).
Da Casalecchio al Sasso Marconi nulla di nuovo, civili pochissimi, qualche squadra di 12 o 14 uomini tedeschi tutti a piedi. Però dal Sasso a Vado notai fermi sulla strada dei camion, dei cannoni e delle mitragliatrici pesanti, tutte delle SS tedesche.
Più mi avvicinavo a Vado e più i soldati aumentavano.
Pensai, dato che pioveva forte, si fossero fermati per causa della pioggia. Allorché vidi un carro di masserizie, domandai al proprietario dove andava ed esso mi rispose che erano costretti ad allontanarsi perché li avevano messi fuori di casa.
Giunto che fui a Vado, venni fermato dalle sentinelle che mi domandarono i documenti (capii che erano delle SS tedesche) e fui rilasciato.
Della popolazione civile, nulla in quei paraggi, mentre le altre volte ve ne era. Notai il ponte fatto saltare e, vicino alla località Bolognini, fui ancora fermato e nuovamente rilasciato.
Vicino alla casa di Grimaldi, terzo alt ad opera di un maresciallo, sempre delle SS, che, con la rivoltella in pugno, mi ordinò di fermarmi accusandomi nel contempo di essere un partigiano.
Gli mostrai allora i documenti ed egli, dopo averli esaminati, mi disse che potevo andare, avvertendomi che avevano attaccato i partigiani (ribelli, mi disse egli) e che questi sparavano sulla strada per la qual causa molte automobili erano state colpite.
Proseguendo, notai molto fumo dovuto agli incendi da loro applicati alle abitazioni dei contadini.
Da questi compresi che il Lupo era sotto il rastrellamento ed io speravo di vedere qualcuno avendo con me il materiale, perché, se fin lì mi era andata bene, non avendo subito nessuna perquisizione, speravo che ancora tutto procedesse bene.
Arrivato alla casa del commissario politico, ove generalmente mi fermavo perché aveva un vestito di ricambio, e ricordando come molte volte era sufficiente mi fermassi lì, notai con grande stupore che la roba di casa era tutta fuori e la casa occupata da un comando di SS.
Io, che avevo speranza di potermi cambiare essendo tutto bagnato, dovetti a malincuore tenere i miei vestiti inzuppati e, non perdendomi d’ animo, proseguii oltre, fermandomi dove abitava il fratello di Lupo, ma trovai solamente un ragazzino che mi disse essere gli uomini nel rifugio a pochi passi.
Recatomi là, trovai solamente una guida della brigata che mi diede notizie del rastrellamento sotto cui si trovavano in quel momento le formazioni della Stella rossa, ma che in quei paraggi vi era una squadra della brigata che non aveva potuto attraversare il fiume a causa di due feriti che aveva seco.
Erano le 12 quando arrivarono quelli delle SS che portarono via tutti gli uomini, vecchi e giovani. Dei 12 uomini che vi erano nel rifugio, solamente in quattro riuscimmo a portarci in salvo, essendo quelli più avanti.
Fu allora che portarono via la mia bicicletta unitamente ad altre tre; così rimasi a piedi.
In quel punto bloccarono la strada occupando la casa cantoniera.
Mi portai immediatamente presso la squadra composta di nove uomini. Per arrivarci impiegai un’ora e mezzo camminando scalzo e dovendo entrare nell’acqua fino al ginocchio per attraversare un torrente.
In una caverna dove si erano rifugiati li potei vedere in uno stato pietoso: sporchi, laceri e con lunghe barbe, ma con lo spirito molto elevato.
Sette di essi validi, gli altri due feriti, uno dei quali grave perché una pallottola, passandogli attraverso l’avambraccio sinistro, gli si era piantata sotto il cuore restando in cavità.
Esso, con spirito di abnegazione, faceva coraggio agli altri; l’altro aveva la spalla destra passata da parte a parte. Nulla essi avevano per medicare le ferite e le fasciature erano fatte alla meglio con mezzi di fortuna.
Consegnai il materiale al capo squadra facendomi inoltre spiegare quello che era avvenuto della brigata che stavo cercando.
Egli mi raccontò allora che i tedeschi facevano saltare tutte le gallerie, i ponti, le cabine telefoniche, elettriche, i pali delle linee ad alta tensione, le teleferiche, le rotaie della ferrovia e tutto quello che era sulla ferrovia stessa.
Questo il giorno 23 o 24 settembre 1944.
Non sapeva come il Lupo fosse venuto a conoscenza che gli Alleati erano al di sopra di Lagaro (15 o 17 km dal luogo ove si trovava la brigata).
Certo è che, credendo effettivamente a ciò, egli fece attaccare i tedeschi che stavano compiendo la distruzione di ogni cosa e impossessandosi così, dopo averli sconfitti, di un buon tratto di strada.
Il giorno 25 settembre vennero attaccati dalle brigate nere, ma respinsero tale attacco, facendo nel frattempo prigioniera una spia che, perquisita, venne trovata in possesso di due francobolli fra i quali vi erano segnate tutte le località occupate dalla brigata Stella rossa e di un portafoglio contenente 3000 lire, mentre altre 5000 lire le aveva legate sotto i testicoli.
Nell’interrogatorio confessò di essere una spia e quindi, dopo regolare processo, [ fu ] giustiziato.
Fu nello stesso periodo che il Lupo prese sotto la sua protezione una parte della popolazione che era fuggita dalle case anche con del bestiame.
Il 28 settembre cominciarono ad arrivare le SS tedesche occupando la zona di Castiglione dei Pepoli e della prima linea fino al Sasso.
All’alba del 29 settembre attaccavano di sorpresa la brigata malgrado piovesse dirottamente.
Verso le 10 del mattino cominciarono ad incendiare tutte le case da Lagaro fino al Sasso, dalla parte della Gardelletta, La Quercia, Rioveggio, La Villa, Casaglia e S. Martino (dove incendiarono pure la chiesa).
Lasciata la squadra, mi portai vicino alla strada maestra per vedere cosa vi fosse di nuovo, ma constatai che era ancora bloccata; biciclette non ve ne erano (perché le avevano portate via tutte); quindi non mi restava altro da fare che cercare di giungere a Bologna a piedi.
Essendo già le ore 17, con la guida mi recai alle case Barbieri (Monzuno) dove potei trovare da dormire nella stalla.
Verso le 3 del mattino successivo (giorno 30 settembre) arrivarono un giovane di circa 17 anni e suo padre. Essi si erano salvati saltando dalla finestra e rifugiandosi in un canalone ove erano rimasti tutto il giorno.
Dal punto in cui essi erano, poterono vedere fucilare gli altri 11 componenti la loro famiglia (comprendenti fra essi dei vecchi, delle donne e dei bambini).
Anche due ragazzine, pure esse fuggite, raccontarono che le SS tedesche, dopo aver incendiato le chiese di Casaglia e S. Martino, fucilarono in quest’ultima località oltre 200 persone.
Alla mia domanda se vi erano in quelle parti dei partigiani, esse mi risposero che quelli della compagnia dislocata nella zona non avevano fatta alcuna resistenza e che si stavano ritirando verso Monte Sole.
Spero che la brigata Stella rossa, che era a corto di munizioni, si sia potuta sganciare mettendo in salvo il grosso.
Data la vastità della zona degli incendi, credo che una spia avesse indicato alle SS punto per punto; più di 60 case sono state date alle fiamme.
Alle ore 6,30 dello stesso giorno, mi incamminai a piedi su Monzuno (ove erano le batterie pesanti tedesche che sparavano contro gli Alleati), poi per Monte Rumici, Pieve del Pino, Brento, Paderno e Casaglia giunsi a Bologna alle ore 17 finendo così la mia missione senza sapere con certezza della sorte toccata alla Brigata Stella Rossa Leone.
Guida Sigfrido